Il Castello di Nelson

 Il Re Ferdinando III, riconoscente per l’aiuto ricevuto dall’Ammiraglio inglese Orazio Nelson, in occasione della rivoluzione di Napoli (1796) che aveva messo in pericolo il trono dei Borboni, con decreto del 1799, avvalendosi degli usurpati poteri della “Regia Legazia” gli regalò le proprietà terriere e il Monastero, creandolo Duca di Bronte, con poteri feudali sul sopraddetto paese.Con questo decreto cessò del tutto la funzione del Monastero e i discendenti del Nelson, nella linea collaterale degli Hood-Bridport, giacché egli non ebbe eredi diretti, da tale data gestirono come proprietà privata tutta la ducea. 1 frati avevano già restaurato le fabbriche e la Chiesa nella parte salvata dal sisma, ma trasferitisi a Bronte, fondarono colà una nuova sede che, come abbiamo detto, durò fino al 1866. Questo loro nuovo fabbricato per anni, dopo tale data, funzionò come sede municipale, ma ora è scomparso del tutto, soppresso dalla fame di suolo della ricostruzione. Unici testimoni della permanenza dei Basiliani in Bronte sono ancora la Chiesetta di S. Blandano e qualche residuo nella toponomastica del paese. I nuovi proprietari del vecchio Monastero non si limitarono ad amministrare la grande estensione terriera, ma ebbero per tutto il sec. XIX grande influenza sugli avvenimenti politici ed amministrativi del Comune di Bronte, vantando su di esso diritti feudali, solo nominalmente cessati con la Costituzione del 1812, ma praticamente perdurati per tutto il secolo passato ed oltre. Furono infatti parte interessata nei famigerati casi dell’eccidio di Bronte operato dal generale Nino Bixio nel 1860, inviato da Garibaldi a sedare la rivoluzione sfociata in un bagno di sangue. I fortunati discendenti di Nelson, fin dal principio del secolo passato, annualmente venivano ad abitare, per alcuni mesi, nel vecchio Monastero, ristrutturato nella parte residenziale in una sontuosa dimora fornita di tutte le comodità. Una folla di impiegati, contadini, affittuari, personale di servizio e dell’amministrazione, popolò il vecchio cenobio benedettino che nella fronte, a rivelare la presenza del grande nuovo signore, si ornava della bandiera italiana affiancata all’inglese.

Cosi là si svolse la vita per un secolo e mezzo. Penultima avventura della vasta plaga fu l’esproprio da parte del Governo Italiano, in occasione dell’ultimo conflitto bellico e l’assegnazione dell’immensa proprietà all’Ente Riforma Agraria che vi costruì, ai lati del Castello, il “Villaggio Caracciolo” in ricordo della più illustre vittima della rivoluzione napoletana, impiccato all’albero maestro della sua nave da Orazio Nelson. L’Ente quotizzò tutta la proprietà e la popolò di case coloniche modernamente e razionalmente attrezzate con silos, stalle, magazzini e abitazione. Ma l’Italia perdette la guerra e la proprietà fu rivendicata dai vecchi proprietari che abbatterono il “Villaggio Caracciolo”, cacciarono i coloni e restaurarono i loro diritti e la loro maniera di amministrare.

Un avvenimento di questi ultimi anni ha fatto vivere al vecchio Monastero l’ultima fase della sua storia: l’ultimo erede, da buon seguace delle teorie moderne, vende ogni cosa, proprietà terriere e fabbricato, capitalizzando la somma di cinque miliardi. Prelevatore privilegiato e fortunato è stata l’Amministrazione Comunale di Bronte che è riuscita ad assicurarsi la proprietà del fabbricato e di 17 e più ettari di terreno vicino (1981) con l’intento di fare di esso un luogo turistico e di cultura di alto interesse e di prestigio.

  • fonte: Comune di Bronte, sito ufficiale